è durato poco.. un paio di minuti ma che sono sembrate ore interminabili. Il terzo goal del Real, il telecronista che avverte “ora si fa tutto più difficile” e di li a poco il panico: un fiume di gente che ci correva incontro, la frazione di lucidità nel millesimo di secondo giusto per prendere mio fratello e cercare di uscire dalla piazza fra le urla, la gente che spingeva, il rumore di vetri infranti.. voci in lontananza echeggiavano “stanno sparando! Stanno sparando” e “c’è una bomba! Via! Via!”.

Il panico. Quello vero. Quello che non avrei augurato a nessuno mai. Quello di un padre che sa che i suoi figli sono andati a divertirsi per quello che doveva essere un evento sportivo e si è trasformato in un incubo reso esponenzialmente spaventoso dai fatti di Londra in concomitanza. Riuscire a rimanere lucidi non è una scelta, è il risultato di un algoritmo inconscio di cui non conosciamo i fattori e per fortuna siamo riusciti ad ottenere il massimo risultato. Siamo ritornati tutti a casa sani e salvi. Siamo ritornati a casa dai nostri genitori per abbracciarli forte. Perché non c’era partita più importante che potessimo vincere.