Arrivammo in Piazza Carignano seguendo Via Milano e poi Via XX
Settembre, vicino al Grande Ristorante Carignano c’era uno splendido
teatro e a fianco un altro prestigioso ristorante.
Una volta entrati, i camerieri ci colmarono di mille attenzioni, ci
fecero sedere in un tavolo d’angolo e ci servirono subito un vino
frizzante che chiamavano Champagne.
Il Valsesia ordinò per entrambi: ostriche, crostini con burro
acciugato, del consommé, e trote d’Orleans.
Mangiammo con molta calma e mi parlò di un suo amico conosciuto al
caffè Burello.
Questa persona era stata ufficiale presso l’accademia militare di
Modena, nel Savoia Cavalleria, proprio lo stesso reparto del Valsesia.
Da questa esperienza comune era nata una fraterna amicizia, e da
questa amicizia, numerose idee e progetti.
Uno di questi progetti era quello di avviare un’attività per il
commercio di legnami e sementi. Poi più o meno nello stesso periodo
avviarono un’officina per particolari meccanici. Questo suo amico
decise di interessarsi anche di politica ma il signor Valsesia non
condivideva questo interesse, così fra i mille impegni e la carica a
sindaco di Villar Perosa non ebbero più il modo di frequentarsi come
prima.
Dopo qualche tempo, questo suo amico si era fatto vivo per
comunicargli che gli avrebbe fatto grande piacere averlo al suo fianco
per la realizzazione di un nuovo e importante progetto. Ma il signor
Valsesia aveva rifiutato l’offerta perché l’affare presentava
troppi rischi; gli dava comunque totale libertà per la gestione del
capitale accumulato dalle attività precedenti.
“Penso che abbiate fatto bene a rifiutare, ci sono certi tipi di
commerci che esigono molti denari, e tante volte è come buttare acqua
nel Po.”
“Anch’io lo pensavo, ma dopo aver visto quelle due automobili
davanti alla stazione…”
“Perché, il vostro amico costruisce pezzi per le vetture?”
“…”
“Signor Valsesia… Quel nuovo e importante progetto…Non sarà
mica stato la Fiat, vero?”
“Veramente gli avevo suggerito di chiamarla Fabbrica Italiana
Automobili, poi lui ha voluto aggiungere la T per Torinese.”
“Cristo santo! Questa sì che è una bella cantonata!”
“Già…”disse semplicemente lui, facendomi segno di abbassare la
voce.
Terminammo la colazione facendoci portare i caffè e due bicchierini
d’alkermes; il Valsesia si fece portare il conto e lasciò tutto,
compresa una corposa mancia, sopra una vassoietto di madreperla.
“Ti ricordi che mi hai chiesto della stanza della palingenesi”
disse il Valsesia, mentre passeggiavamo in Piazza Carignano.
“Sì, me lo aveva chiesto la Mirone quand’ero sotto ipnosi.”
“È un altro dei motivi per cui siamo venuti a Torino, ho bisogno di
parlare con il professor Schiapparelli. Lui è uno dei pochi che sa di
questa stanza, e vorrei capire come la Mirone, o la setta a cui
appartiene, siano venuti a conoscenza di questa cosa.”
“E dove lo troviamo questo professor Schiapparelli?”
“Qui vicino, è il direttore del Museo delle Antichità Egizie di
Torino.”

 

Non mi aspettavo che il museo fosse così vicino al ristorante, dopo
qualche passo da Piazza Carignano eravamo arrivati davanti ad un
palazzone situato in via Accademia delle Scienze.
“Ecco ci siamo; la strada per Menfi dai magnifici templi e la
splendida Tebe dalle cento porte passa da qui” disse il Valsesia
spingendo il pesante portone.
All’interno, a dire il vero, c’era un po’ di trambusto; gente
con cartelle che sembravano contenere documenti andavano avanti e
indietro, alcuni uomini di fatica si lamentavano perché non sapevano
dove portare alcune casse. Una comitiva di signore e signori erano in
attesa per una visita guidata e discuteva animatamente delle campagne
napoleoniche in Egitto.

La taverna del cervo è un romanzo ambientato nella Torino d’inizio
‘900. La storia si svolge fra Settimo Torinese, Torino, Moncalieri ed
è incentrata su un segreto antico… un segreto che permette di
estendere la durata della vita umana fino a tempi inimmaginabili.

 

tavernadelcervo